Bravo Baricco

Sto leggendo “I Barbari” di Baricco. Sono esattamente a metà, ma è già abbastanza, per quanto mi riguarda, per convincermi che Baricco ha di nuovo fatto centro. Mi è piaciuto anche il suo saggio “Next” sulla globalizzazione, di una decina d’anni fa, lo ricordo come un libro con argomentazioni magari discutibili, ma intelligenti. 

Qui però Baricco fa di più. Innanzitutto, come dice lui nell’introduzione, dice di scrivere dalla cima di una torre, al vento. Cioè, ha pubblicato questo saggio, a puntate, su Repubblica, “in diretta”, privilegiando la velocità di pensiero alla completezza. Non so quanto si sia arrischiato veramente in questo esercizio -non ci è dato sapere quanto materiale avesse già preparato con calma- ma non è questo il punto. Il punto è l’argomento trattato, che è il sottotitolo del libro: “saggio sulla mutazione”.

Ecco alcuni tratti dell’Inizio, per capire di cosa si tratta. Come scrive, chi lo conosce, lo sa già.

Professori capaci, dalle loro cattedre, misurano nei silòenzi dei loro allievi le rovine che si è lasciato dietro il passaggio di un’orda che, in effetti, nessuno però è riuscito a vedere. E intorno (…) aleggia lo sguardo smarrito di esegeti che, sgomenti, raccontano una terra saccheggiata da predatori senza cultura né storia. 

I barbari, eccoli qua.

Potrebbe essere, me ne rendo conto, il normale duello fra generazioni, i vecchi che resistono all’invasione dei più giovani, il potere costituito che difende le sue posizioni accusando le forze emergenti di barbarie, e tutte quelle cose che sono sempre successe e abbiamo visto mille volte. (…) Di solito si lotta per controllare i nodi strategici della mappa. Ma qui sembra che gli aggressori facciano qualcosa di più profondo: stanno cambiando la mappa. (…) Dovette succedere così negli anni benedetti in cui, per esempio, nacque l’Illuminismo, o nei giorni in cui il mondo tutto si scoprì, d’improvviso, romantico. (…) 

Forse è un momento di quelli. E quelli che chiamiamo barbari sono una specie nuova, che ha le branchie dietro el orecchie e ha deciso di vivere sott’acqua. (…)

Comunque. Mi piacerebbe guardare quelle branchie da vicino. E studiare l’animale che si sta ritirando dalla terra e sta diventando pesce. Vorrei spiare la mutazione, non per spiegarne l’origine (questo è fuori portata) ma per riuscire anche lontanamente a disegnarla

E ci riesce, a disegnarla. Prima in contesti che lui definisce più semplici, “villaggi saccheggiati” con confini abbastanza netti. Un paio di puntate sul mondo del vino: l’ingresso del vino “holliwoodiano”. Poi sul mondo del calcio, che a me è totalmente estraneo e sconosciuto, ma è riuscito a interessarmi, e a farmi capire, e anche a farmelo sognare e a trasmettermene le emozioni. Poi sui libri. Anche qui, riuscendo a non scivolare nelle insidiosissime voragini di banalità di cui era disseminato il campo. Sì, cita Moggi e Dan Brown, ma non dicendo le solite cose.

Mi è piace, in particolare, perchè parla di anima. Perchè cerca l’anima, e si interroga -in modo intelligente- se l’anima è perduta o meno nel “nuovo che avanza”. 

Dopo vino, calcio e libri azzarda: l’avvento di Google (e non solo del web) è un passo dell’umanità verso la conoscenza pari a quello di Gutembeg. E mi sa che ha ragione. Ora leggo il resto, ma già posso dire: Bravo Baricco.

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